Dove va il PD?

Dove va il PD?

C’è un ex viceministro, nominato tale da Berlusconi, in quota Forza Italia, con delega alla repressione del crimine in Sicilia che, recentemente, è stato condannato in via definitiva e con sentenza passata in giudicato, a diversi anni di galera, per favoreggiamento dei mafiosi siciliani.

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Allora riassumiamo…
C’è un ex viceministro, nominato tale da Berlusconi, in quota Forza Italia, con delega alla repressione del crimine in Sicilia che, recentemente, è stato condannato in via definitiva e con sentenza passata in giudicato, a diversi anni di galera, per favoreggiamento dei mafiosi siciliani.
Questo tale, ex potentissimo, per venticinque anni parlamentare di Forza Italia, è sospettato anche di avere legami e relazioni familiari con il clan Messina Denaro e di aver protetto in vario modo la latitanza del padrino Matteo..
Il già potentissimo favoreggiatore di mafiosi, si chiama Antonio D’Ali’, ha sempre militato in Forza Italia ed il suo premier, che lo ha nominato viceministro è Silvio Berlusconi che, come tutti sanno, è uno dei tre pilastri, probabilmente ancora il più potente, che regge la Meloni ed il suo governo di Destra.
Ci sono poi quattro parlamentari del PD che decidono, come è loro prerogativa essendo parlamentari, di fare una ispezione in carcere nel braccio del 41 bis, dove è detenuto un anarchico insurrezionale che, da oltre 100 giorni, sta facendo lo sciopero della fame mobilitando così un dibattito, già esistente, a livello nazionale e internazionale, sulla opportunità di cancellare o modificare tal strumento.
I parlamentari del PD, come è ovvio, parlano con l’anarchico e anche con gli altri condannati, mafiosi, detenuti nello stesso braccio.
Nulla di trascendentale ma nel parlamento si scatena una cagnara terrificante con accuse pesantissime di collusione con i mafiosi…
… Contro il governo di destra la cui colonna portante (Berlusconi) ha la gravissima responsabilità di aver nominato viceministro con delega alla direzione della lotta contro la mafia uno che poi è risultato colluso con i mafiosi?
Sarebbe così in un paese normale!
Un governo che poggia sulle spalle di uno che nomina sottosegretari collusi con la mafia e che, per giunta, ha già avuto, nel suo partito personale, altri altissimi dirigenti e persino uno dei fondatori condannato per la stessa ragione,l non può avere molta credibilità.
Naturalmente, in un paese normale, quelli del PD, sconfitti e mandati all’opposizione, non vedrebbero l’ora di scatenarsi. Di accusare giustamente il governo di avere alla base un partito e un leader che nomina sottosegretari mafiosi.
Ma l’Italia non è un paese normale.
Per cui non sono quelli del PD a scatenarsi denunciando la mafiosita’ di uno dei pilastri di questo governo.
Sono invece i pretoriani fratelli del partito della Meloni ad assalire quelli del PD accusandoli di collusione con mafia e i terroristi per avere, nell’esercizio di una loro, peraltro legittima funzione di parlamentari, parlato con Cospito ed altri detenuti del 41bis.
Un mondo alla rovescia quindi che è comprensibile solo facendo qualche riflessione.
Ponendosi qualche domanda.
Perché i parlamentari del PD e tutto il loro cucuzzaro mediatico che hanno sparato a palle incatenate contro Conte reo di avere fatto, con i suoi soldi, una piccola vacanza in un hotel di Cortina, non hanno speso una sola parola per attaccare chi ha la responsabilità politica di avere nominato viceministro un fiancheggiatore dei mafiosi?
E perché insistono ad attaccare con accuse risibili come quella di avere rivelato un segreto di stato inesistente, due alti, ancorché smandrappati, dirigenti politici del governo Meloni?
La risposta a queste domande, difficile per i PD, chiarisce il cul de sac incredibile in cui si è messo questo partito che pure vanta nobili natali.
All’origine di tutto ciò c’è il Patto del Nazzareno quella oscenità politica partorita dal genio malefico di Renzi che ha reso ipotizzabile e poi anche effettiva e vantaggiosa l’alleanza del PD con il partito di Berlusconi, fino allora, considerata impraticabile.
Il Patto del Nazzareno, per il PD, non è un incidente di percorso ma una prospettiva politica che ha evitato al PD di rinnovarsi e rinnovare i suoi quadri dirigenti in un confronto duro ma virtuoso con il M5S, che dal suo canto non è riuscito ad evitare di impantanarsi con un’alleanza, sia pure circoscritta nel tempo con Salvini.
Il PD non può quindi attaccare Berlusconi e Forza Italia che resta un possibile alleato con il quale, evidentemente, condivide ben altre prospettive politiche.
E questo ci introduce alla risposta alla seconda domanda.
Il confronto con il governo Meloni non può andare in profondità, per esempio sull’autonomia differenziata come sulla politica estera, sui diritti dei lavoratori e sul welfare perché le differenze tra le forze politiche che compongono il governo ed il PD non sono sostanziali.
Il governo Meloni trova la sua forza nella convergenza con l’inesistente agenda Draghi che è stata e, fino a prova contraria, rimane la (sola) bandiera del PD.
Per questo, nel momento in cui il governo Meloni approva in Consiglio dei Ministri l’Autonomia differenziata che è il provvedimento più scellerato che si propone di frantumare e distruggere quel minimo di solidarietà territoriale che i padri costituenti hanno voluto assicurarci, il PD non fa e non può fare altro che strillare contro una pretesa, futile e fasulla inosservanza di un supposto segreto di stato.
Ai cittadini preoccupati per la guerra, per i salari bassi, per le bollette alle stelle, per l’inflazione galoppante e anche per l’arroganza violenta delle mafie il cui vero potere non si basa solo sulla violenza ma, anche e soprattutto, sulla connivenza dei poteri statali non interessano queste quisquilie.
Interessa la pace. Interessano i salari e i diritti. Interessa il lavoro ed il futuro. Interessa la libertà dalle mafie e dalla paura di veder bruciare se’ stesst i figli nell’olocausto nucleare.
Il PD è in fase congressuale.
Un congresso confuso e contraddittorio, basato non su programmi chiari ma sul presunto o vero carisma degli aspiranti leader.
Un congresso che, tuttavia, è riuscito a mostrare due vie.
Una è quella della continuazione del renzismo magari in altra forma.
Renzismo sostanziale che, come quello di Letta non può che riportare il PD nel pantano.
L’altra può essere, invece l’apertura di un dibattito vero sulla strada da seguire.
Una via difficile e irta di ostacoli ma una via che può riportare il PD nell’alveo della sinistra da dove Renzi l’ha cacciato per portarlo a fracassarsi tra le braccia del caimano.
Un ritorno, sia pure tardivo, ma sulla base di due direttrici ineludibili: la pace e lo schieramento al fianco dei lavoratori e di chi è vittima della società.
Più che una speranza è un augurio.
Ma è quello che resta al popolo della sinistra che ancora lo vota.

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